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FINO AL FINALE

Appunti per UCSA

Finalborgo 

è uno dei tre nuclei urbani formanti l'abitato di Finale Ligure, comune italiano in provincia di Savona. Fino al 1927 comune autonomo, fu in seguito accorpato a Finale Pia e Finale Marina per costituire l'odierno comune di Finale Ligure.

Ebbe il maggior sviluppo durante il Medioevo, quando era la capitale del Marchesato di Finale, governato dai marchesi Del Carretto e sotto la Spagna (XVII secolo). Il borgo è stato recensito come uno dei borghi liguri più belli d'Italia.[1]

Il nome
Deriva da Burgum Finarii, terra di confine (ad fines) ai tempi dei Romani e centro amministrativo del marchesato dei Del Carretto tra il XIV e il XVI secolo.

La storia
113 a.C., viene costruita la via Julia Augusta, che entra nel finalese dalla Valle di Ponci, dove ancora si notano cinque ponti romani.
XII sec., l’origine del borgo è in genere fatta risalire all’epoca del marchese Enrico I Del Carretto detto il Guercio (morto nel 1185), ma recenti scoperte archeologiche retrodatano la sua fondazione di qualche secolo.
1300 ca.-1598, Finalborgo è governata, dall’alto di Castel Gavone, dalla famiglia Del Carretto, parte della medievale marca degli Aleramici, la quale lascia nella capitale del marchesato palazzi, chiese, castelli, fortificazioni e un convento dagli splendidi chiostri e dai sontuosi saloni. Le mura di cinta sono distrutte nel 1449 dai genovesi (alla cui influenza i Del Carretto cercano sempre di sottrarsi) e riedificate nel 1452.
1598-1713, è il periodo della dominazione spagnola. Il marchesato, venduto alla Spagna, diventa per tutto il Seicento un territorio strategico che permette il controllo del Nord Europa attraverso lo Stato di Milano. Gli spagnoli valorizzano l’importante punto di sbarco della Marina, realizzano nuove vie di comunicazione come la Strada Beretta (1666) e attuano una generale ristrutturazione del sistema difensivo del borgo, grazie al Forte San Giovanni (1640-44) e al rafforzamento di Castel Govone.
1713, il marchesato è ceduto a Genova e il passaggio all’antico nemico chiude la fase di prosperità vissuta sotto la Spagna. Simbolo della fine di un’epoca è la distruzione di Castel Govone da parte dei genovesi nel 1715.
1740, alla morte dell’imperatore Carlo VI, Finale è coinvolta nelle vicende della guerra di successione austriaca che vede in campo austriaci, piemontesi e inglesi contro Borboni, francesi e spagnoli.
1748, la pace di Aquisgrana pone definitivamente Finale sotto Genova e tale rimarrà formalmente sino al 1795 quando, con l’arrivo dei francesi, il marchesato viene abolito e Finale segue le sorti della Repubblica Ligure, e infine quelle dei Savoia e del Regno d’Italia.

Storia

L'abitato venne sviluppato nell'entroterra finalese, non direttamente sul mare per essere più protetto contro i possibili sbarchi saraceni sulla costa, in un luogo facilmente difendibile: la confluenza del torrente Aquila con il torrente Pora, i cui alvei costituiscono un unico fossato naturale, in seguito rinforzato dalla cinta muraria cittadina, che difendeva l'abitato sui lati est-sud-ovest, mentre il lato settentrionale del paese era naturalmente protetto dallo sperone del colle del Becchignolo, che nei secoli venne fortificato con la costruzione di castel Gavone sulla cima e da una torre di raccordo a mezza costa inglobata successivamente nella fortezza di castel San Giovanni.

Fra il 1142 e il 1148 il marchese Enrico I Del Carretto detto il Guercio ereditò dal padre, Bonifacio del Vasto, il territorio della marca di Savona, di cui ottenne l'investitura da Federico Barbarossa il 10 giugno 1162. Mentre i comuni di Savona e Noli si rendevano indipendenti, i domini di Enrico furono suddivisi fra i suoi due figli.

Verso la fine del XII secolo Enrico II Del Carretto cominciò a utilizzare il titolo di marchese del Finale e cinse di mura il nucleo urbano, dando origine al "burgus Finarii", l'odierna Finalborgo. La famiglia Del Carretto governerà il Marchesato di Finale fino al 1602. Il paese passò poi sotto il dominio asburgico fino al 1713. In questo periodo il marchesato del Finale è uno scalo indispensabile per trasferire nei domini milanesi le truppe spagnole senza dover chiedere il permesso di Genova e per portare merci senza pagare gabelle[2]. Finale ha quindi un grande sviluppo economico e artistico.

Con l'estinzione degli Asburgo-Spagna il marchesato di Finale venne ceduto ai genovesi, e Finalborgo perse di importanza. La Repubblica di Genova tenne in feudo il marchesato di Finale con alterne fortune fino al 1797 quando venne cancellata la legislazione feudale e fu istituita la Repubblica Ligure. Finale, quindi, fu inglobata prima nella Repubblica Ligure e poi nel Primo Impero francese napoleonico, sotto il quale i rioni di Borgo, Pia e Marina furono temporaneamente riuniti in un'unica amministrazione e inseriti nel neo-costituito Dipartimento di Montenotte.

Dopo la Restaurazione la repubblica ligure passò sotto il Regno di Sardegna nel 1814 e quindi dopo l'Unità d'Italia nel Regno d'Italia dal 1861. Nel 1877[3] il soppresso comune di Perti viene aggregato al comune di Finalborgo. Finalborgo rimase comune autonomo sino al 1927, quando i tre comuni di Finalborgo, Finalmarina e Finalpia furono fusi per costituire il comune di Finale Ligure[4].

Finalborgo

NOLI:

Antico centro dei Liguri, fu municipio in epoca romana. Il suo nome, citato in alcuni documenti del 1004 e 1005 con il nome di Naboli[5], deriva probabilmente da Neapolis, derivazione greco-latina di "città nuova"[5]. Altra possibilità è che il nome derivi dal toponimo romano Ad Navalia[6].

Nel medioevo fu base bizantina[5] e, divenuta dominio dei Longobardi, che la distrussero nel 641[5], fu completamente ricostruita vicino al mare. 

Divenuta in seguito un importante centro marinaro, con una cospicua e preparata flotta navale alla pari di altri grossi centri marinari della Liguria[5], partecipò nel 1099 alla prima crociata ricevendo privilegi politici, ma soprattutto commerciali, dal re di Gerusalemme Baldovino I, dal signore feudatario Boemondo I d'Antiochia e da Tancredi di Sicilia[5].

Fu feudo di Enrico II Del Carretto fino nel 1193 quando, con atto ufficiale rogato all'interno della locale chiesa di San Paragorio[5], riuscì gradatamente a sottrarsi dal potere marchionale dei Del Carretto con la cessione degli antichi diritti carretteschi; recenti studi confermano che l'atto potrebbe essere avvenuto già nel 1192[5]. I privilegi acquisiti dai cittadini di Noli furono pienamente confermati nel 1196 da Enrico VI di Svevia[5], emancipazione popolare che porteranno il borgo a costituirsi ben presto in Comune libero (uno dei primi dopo Genova e Savona[5]) e in libera Repubblica indipendente con equilibrati statuti e ordinamenti comunali, considerati tra i più antichi della Liguria[5].

 

L'indipendenza guelfa della repubblica nolese, stretta ad oriente dal Comune di Savona e ad occidente dal sempre più crescente Marchesato di Finale, fu ancora più salda con la strategica alleanza politica e commerciale, dal 1202[5], con la Repubblica di Genova; gli atti dell'epoca, conservati presso l'archivio storico comunale, citano chiaramente un accordo "a pari diritti tra le parti"[5], ossia senza una prevaricazione l'una verso l'altra. Oramai alleata dei Genovesi, la flotta navale nolese combatté contro Pisa per la supremazia commerciale nel mar Tirreno e contro Venezia per i traffici marinari nel Medio Oriente[5]. Nel corso del XIII secolo Noli si dotò di ulteriori fortificazioni e di oltre settanta torri cittadine chiudendo il borgo in una cinta muraria. Lo schieramento politico e militare verso la causa della Lega Lombarda contro Federico II di Svevia favorì il riconoscimento da parte del pontefice Gregorio IX alla costituzione, nel 1239, della diocesi di Noli[5]; la separazione dalla curia savonese durò fino al 1820 con il successivo accorpamento dell'attuale diocesi di Savona-Noli[5].

L'espansione della Repubblica di Noli - che al suo massimo splendore raggiunse la dominazione nei borghi vicini di OrcoMallareSegno e Vado[5] - durò fino al termine del XIV secolo quando il ristretto porto, che offrì rifugio e stabilità durante l'epoca medievale, risultò invece oramai inadeguato per gli importanti traffici commerciali dell'epoca, portando quasi Noli ad un isolamento marittimo[5]; gli stessi abitanti da abili e audaci marinai si trasformarono ben presto in semplici pescatori. Per tutto il Cinquecento e il Seicento Noli e la sua piccola repubblica marinara conobbero pertanto difficoltà politiche interne, aggravate dalle sempre più estenuanti lotte con il marchesato finalese e Savona, invasioni piratesche, vicine dominazioni piemontesi, lombarde e spagnole e dalle carestie ed epidemie[5]. Nel 1673 una congiura di alcuni abitanti di Noli rischiò di far cadere la repubblica nelle mani del ducato sabaudo; l'intervento del senatore Antonio Viale, inviato dal senato genovese su richiesta dei consoli nolesi, placò la breve rivolta[5].

 

La chiesa di San Paragorio, prima cattedrale di Noli.

Così come la Repubblica di Genova e il resto della Liguria fu occupata dalle truppe napoleoniche nel 1797, nonostante il pesante bombardamento navale da parte della flotta inglese nel 1795 contro i francesi[5].

Con la dominazione francese il territorio di Noli rientrò dal 2 dicembre 1797 nel Dipartimento del Letimbro, con capoluogo Savona, inglobando l'ex repubblica nolese all'interno della Repubblica Ligure. Dal 28 aprile 1798 con i nuovi ordinamenti francesi, fece parte del VII Cantone, come capoluogo, della Giurisdizione delle Arene Candide e dal 1803 centro principale del V Cantone delle Arene Candide nella Giurisdizione di Colombo. Annesso al Primo Impero francese dal 13 giugno 1805 al 1814 venne inserito nel Dipartimento di Montenotte.

Nel 1808, oramai considerata "piazza forte" della repubblica ligure francese, fu duramente bombardata, alle 16 del 1º agosto, dalla flotta della marina militare inglese.

NOLI
Macchia Mediterranea

Macchia mediterranea 

La macchia mediterranea si può diversificare per composizione floristica e sviluppo strutturale:

  • Macchia alta. La vegetazione dello strato superiore è prevalentemente composta da specie a portamento quasi arboreo, con chiome che raggiungono i 4 metri d'altezza. In questa macchia sono rappresentative le specie del genere Quercus (leccio e sughera), quelle del genere Phillyrea (ilatro e ilatro sottile), ed inoltre Arbutus unedo, cioè il corbezzolo, alcune specie del genere Juniperus (in particolare Ginepro rosso), il lentisco e altre di minore diffusione. Queste macchie in certi casi possono evolvere verso il climax della foresta mediterranea sempreverde.

  • Macchia bassa. La vegetazione dello strato superiore è prevalentemente composta da specie a portamento arbustivo, con chiome che raggiungono al massimo i 2-3 metri d'altezza. Nella composizione floristica possono entrare specie delle garighe, come l'euforbia arborea, le ginestre e altre cespugliose quali i cisti e il rosmarino. Questa macchia in realtà è una forma di passaggio alla vegetazione di gariga.

La macchia mediterranea presenta una distribuzione prevalente nelle zone caldo-aride, caratterizzate da inverni miti e umidi ed estati calde ed aride, con scarse precipitazioni. Ad effetto di tali condizioni, specie fra gli arbusti, ed in generale, è diffuso il fenomeno della estivazione totale o parziale, cioè le piante concentrano la fase di maggiore vegetazione in inverno o in primavera, mentre sono in parziale o totale stasi vegetativa in estate.

La maggior parte delle zone di macchia mediterranea si sviluppa sui declivi con suolo poco profondo e soggetto a un rapido drenaggio, su cui le formazioni della macchia svolgono una funzione importantissima di difesa del suolo dalla erosione da parte degli agenti atmosferici, assicurando un'efficace regolamentazione idrogeologica.

Costituisce un esempio di microambiente, fornendo nutrimento e riparo a insettianfibirettiliuccelli e mammiferi.

La macchia rappresenta un potenziale stadio di evoluzione verso la formazione forestale della lecceta, la più tipica delle foreste mediterranee.

Specie arbustive tipiche

Fanno parte della macchia mediterranea diverse specie accomunate da alcune caratteristiche (crescita bassa, fusti resistenti, foglie rigide e coriacee) che le rendono capaci di tollerare i venti salmastri che provengono dal mare. Nella seguente eterogenea galleria fotografica figurano anche specie di gariga, come cisti e rosmarino, mentre una, il cappero, è una pianta delle rupi e dei muri.

 

Specie arboree tipiche

Gli alberi devono far fronte a lunghi periodi di aridità del terreno, per questo sono di solito sempreverdi oppure arbusti e piante aromatiche.

La foresta mediterranea è una fitocenosi che storicamente ha subito uno sfruttamento antropico molto elevato; per questo ora la si ritrova soprattutto allo stato di macchia alta (< di 500 ceppaie/ha).

L'eccessivo sfruttamento delle ceppaie di leccio (ottima legna da carbone), la necessità di pascoli e di campi da arare, sono le cause alla base di questo degrado. La selvicoltura di questa fascia vegetazionale, non può che essere costituita da una selvicoltura di prevenzione e tutela; è impossibile pensare ad uno sfruttamento ai fini produttivi.

Varigotti

Varigotti 

 

è una frazione del comune di Finale Ligure in provincia di Savona. Conta circa 500 abitanti; fino al 1869 fu comune autonomo.

Le origini di Varigotti sono da alcuni datate al II sec d.C, e da altri all'epoca bizantina. A favore della prima ipotesi furono rinvenuti frammenti e tombe databili dal III al VII secolo nella chiesa di San Lorenzo. Dopo la caduta dell'impero romano il porto di Varigotti, collocato nell'odierna "Baia dei saraceni", offriva un approdo sicuro per le navi bizantine che mantenevano i collegamenti con le fortificazioni ancora attive lungo l'appennino ligure e le alpi marittime. L'orografia separava Varigotti (e Noli) dall'entroterra padano, proteggendole da possibili incursioni dei barbari. Il porto venne difeso con un castrum (fortificazione) bizantino collocato su Punta Crena, mentre gli edifici civili erano posti vicino al porto e sul versante orientale del promontorio (di cui ancora oggi rimane un muro perimetrale).

Questo insediamento fu distrutto dal longobardo Rotari nel 643[1], quando spazzo' i bizantini dalla riviera ligure. Varicottis, che era allora un centro militare e portuale, cadde in disuso poiché i longobardi non possedevano una flotta. La distruzione fu riportata dal cronista, lo pseudo-Fredegario, che cita Varicotti al pari di AlbengaSavonaGenovaOderzo e Luni.

"…Chrotarius cum exercito Genava maretema, albingano, Varicotti, Saona, Ubitergio et Lune civitates litore mares de imperio auferens, vastat, rumpit, incendio concremans. Populum deperit, spoliat, et captivitate condemnat. Murus civitatebus supscritis usque ad fundamento distruens, vicus has civitates nomenare praecipti".[2]

Si ritiene che l'abitato stesso di Varigotti, fino all'interrimento del porto (che sorgeva dove oggi si trova la Baia dei Saraceni) si trovasse sul versante est della montagna e sull'attigua selletta, dove sopravvivono resti medievali datati al XV secolo.

Varigotti, come tutta la costa della penisola italiana, subì a lungo la minaccia saracena. È stata sollevata l'ipotesi, priva di reali conferme, che Varigotti fosse stata per un certo tempo una delle basi sulla terraferma dei saraceni del Frassineto. È possibile che, abbandonata dai longobardi, Varicottis potesse aver fornito occasionale riparo ai saraceni, finché non si fermarono stabilmente e si mescolarono alla popolazione locale. A sostegno di questa ipotesi viene citato l'insediamento di Ca' de Mori, una struttura abbarbicata su di un promontorio che possibilmente fu forte arabo, date le tecniche costruttive. I Varigottesi furono tradizionalmente chiamati 'saraceni', un nome che può essere radicato nella permanenza saracena nel luogo.

L'eventuale permanenza saracena si sarebbe conclusa con la distruzione del Frassineto. Tutta la costa finalese diventò allora parte prima della marca aleramica e poi dei territori di Bonifacio Del Vasto. Nel 1127, i monaci benedettini dell'abbazia di Lerino si insediarono nella chiesa di San Lorenzo, un cenacolo monastico preesistente, probabilmente risalente al VII secolo.

Nel 1162 si costituì la marca di Savona, infeudata a [Enrico I Del Carretto]], di cui Varigotti fu parte spesso contesa dal nascente comune di Noli. I monaci di Lerino rimasero fino al 1177, quando la chiesa divenne verosimilmente parrocchiale di Varigotti (non si hanno, infatti, notizie sulla chiesa sino al 1356).[3]

Varigotti assume nuovamente importanza e prosperità grazie all'antico porto che diviene importante base di difesa e di attacco marittimo dei Del Carretto. Intanto, la popolazione cominciò a spostarsi dall'area del porto all'area a ponente del promontorio (dove sorge oggi l'abitato). Qui si formò una 'compagna', una libera associazione di uomini dei villaggi con potere corporativo. Allo stesso tempo, si costituì a ponente una nuova chiesa (Chiesa di San Lorenzo nuova) affiliata alla Pieve finalese, infatti la chiesa si San Lorenzo vecchiasopra il porto era ormai lontana dall'abitato. Dato lo spostamento a ponente della popolazione attuatasi in questo periodo si formano i nuclei abitati di Pino, Giardino, Chièn, Cà dei Mori, la Seva e la Monda e lo sviluppo dell'abitato nella striscia costiera.

Nei secoli successivi Finale Ligure si scontrò con la Repubblica di Genova. Dopo una sconfitta di Finale da parte di Genova, il porto di Varigotti venne interrato ad opera dei genovesi nel 1341[4] (benché questo fatto sia disputato). Nei secoli successivi la sorte di Varigotti seguì quella del Finale e dei suoi scontri con Genova. Nel 1559, dopo un'invasione dei Turchi, si costruì la torre di vedetta in cima a Punta Crena. Nel 1582 Genova, signora di Noli, costruì una torretta tra Punta Crena e Capo Noli per segnare il confine tra i possedimenti. La torretta (detta delle Streghe) rimane oggi e segna tuttora il confine tra i due comuni. Nel 1602 il Finale passò sotto dominio spagnolo, e fu ceduto a Genova nel 1713.

La frazione venne costituita libero comune autonomo con il dominio napoleonico e la creazione della Repubblica Ligure. Nel 1853 Varigotti contava attorno ai 700 abitanti, soprattutto dediti alla pesca, all'agricoltura di olivi ed agrumi e all'estrazione di pietra da una cava. Nel 1869, mentre fervevano i lavori di costruzione della linea ferroviaria Genova-Ventimiglia, Varigotti venne aggregata (non senza resistenze) al borgo di Final Pia, assieme a Calvisio, anch'esso al tempo comune autonomo[5]. Nel 1927 infine diventò parte integrante del neo costituito comune di Finale Ligure.

Sentiro Pellegrino

Sentiero del Pellegrino

Una delle escursioni più belle della Riviera Ligure di Ponente è sicuramente la traversata Varigotti – Noli, detta anche “Sentiero del Pellegrino”.  Una vera e propria “passeggiata a mare”, in altura. Il sentiero presenta molti spunti interessanti, è ottimamente tracciato ed è interessante anche per i bambini, a patto però, che siano bene abituati a camminare.

Il nome,”Sentiero del Pellegrino” è dovuto forse al fatto che, lungo il percorso, si toccano diverse antiche chiese (S. Lorenzo di Varigotti, S. Giulia e S. Lazzaro di Noli), oramai sconsacrate ma un tempo, vista la loro posizione, sicuramente meta di pellegrinaggi.

Da dove si parte

Il punto di partenza del sentiero

Arrivate a Varigotti, uscendo indifferentemente ai caselli di Spotorno o Finale, dell’autostrada A10 e impostate sul navigatore Via Strada Vecchia. Nei mesi estivi, l’accesso in auto a questa strada è riservato ai residenti. Voi potete posteggiare (con un po’ di fortuna) nella strada che affianca l’Aurelia e poi risalire a piedi, per circa 300 metri, Strada Vecchia. L’attacco del sentiero è ben segnalato e si trova alla vostra sinistra.

Diciamo subito che il sentiero parte subito con tratti di salita piuttosto impegnativi. Non scoraggiatevi perché in breve, verrete ripagati dal paesaggio circostante, che si fa via via più bello mano a mano che si sale.

Durante la salita, vi consigliamo di soffermarvi ogni tanto ad ammirare il paesaggio circostante.

Il Mausoleo Cerisola

Poco oltre l’incrocio, superato il tratto di muretto a secco franato, ci si imbatte in un variopinto muretto chiamato Mausoleo Cerisola, conosciuto uomo di mare della zona, tornato a Varigotti negli anni 70’ dopo aver trascorso parte della sua vita in Australia, prima da prigioniero, durante la guerra, ed in seguito da lavoratore.

Il punto più panoramico della Riviera di Ponente

Continuando a costeggiare le rupi tra Varigotti e Noli, si incontrano due magnifici punti panoramici, deviando dal sentiero, dai quali si può ammirare la falesia di Punta Crena, le colline circostanti ed il mare. Siamo in uno dei punti – a detta degli esperti – da dove si può godere la maggior vista di tutta la Riviera di Ponente.

Superate il bivio per le Manie, che si trova dal secondo tratto panoramico, tenendovi sulla destra (il sentiero è molto bene segnalato).

La Grotta dei Briganti!

L’impagabile vista sul mare, dalla Grotta dei Briganti

Procederete poi lungo la discesa, dove, facendo un po’ di attenzione, incontrerete, in un tornante a sinistra, la deviazione per visitare la “Grotta dei Briganti”.
La deviazione merita certamente, e richiede solo qualche minuto di discesa, ma il sentiero è molto scosceso e richiede molta attenzione! Una volta giunti, la sensazione di essere entrati in una vera grotta preistorica è davvero inebriante e può costituire un vero e proprio momento clou di tutta la gita.

Si narra infatti che la Grotta dei Briganti (o Antro dei Falsari), fosse la sede dei traffici dei contrabbandieri che in tempi passati tenevano lì la propria merce. Di qui, la nascita del nome.

È possibile accedere facilmente alla grotta dal cunicolo situato sopra la grande cavità. Fare invece molta attenzione a non scivolare verso il dirupo che subito si apre a sinistra, tenersi quindi sempre a destra lungo il lato sotto parete e non fidarsi mai troppo del corrimano messo a protezione.
All’interno della grotta, sorgono i resti di muretti a secco.
L’origine della Grotta dei Briganti, fu dovuta ad una lenta e costante azione erosiva esercitata dal mare milioni d’anni fa, quando le terre oggi emerse si trovavano al di sotto del livello del mare. Il panorama è da togliere il fiato.

La Chiesa di Santa Margherita

Risalendo sul sentiero principale, giungerete in poco meno di 45 minuti, a Noli, non prima di aver incrociato i resti della Chiesa di Santa Margherita e i resti, nascosti dal bosco, dell’Eremo costruito dal Capitano De Albertis, intellettuale e viaggiatore di fine ‘800, proprietario del Castello, in Genova.

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